Secondo alcune stime attualmente in Italia esisterebbero più di 600 cantieri bloccati. Tutti progetti fermi e segnalati al governo dai costruttori perché hanno un valore di 86 miliardi di euro. Questa è la motivazione principale per la quale sarebbe opportuno farli ripartire.

 

La metà delle opere interrotte ha un valore di 12,6 miliardi e comprende l’intero Nord Italia, in particolare Lombardia con l’alta velocità ferroviaria tra Brescia e Verona e l’autostrada Cremona-Mantova.  Vi sono poi anche il Veneto, la Liguria con la Gronda di Genova e l’Emilia-Romagna. Nel Centro invece, i lavori bloccati arrivano a 5,3 miliardi, soprattutto in Toscana per quanto concerne la terza corsia dell’autostrada Firenze-Pistoia.

 

Opere ferme e non utilizzate a causa di problemi amministrativi e burocratici, a cui si sommano altre progettualità considerate in stand by poiché sottoposte ad una forte analisi costi-benefici. Tra questi vi sono, ad esempio, la Tav  fra Torino e Lione, il Tunnel del Brennero e la Pedemontana del Veneto.

 

La situazione appena descritta non frena assolutamente la crisi del settore delle costruzioni incominciata nel 2008 e ancora presente. In tutti questi anni il nostro territorio ha perso 69 miliardi di investimenti potenziali nel settore, un dato che aggiudica l’Italia come il peggior Paese in ambito edile. Una possibile causa va ricercata anche nei nuovi investimenti pubblici messi in atto e drasticamente diminuiti.

 

Un’analisi portata avanti dall’ANCE dimostra che, avviando solamente le prime venticinque opere, si potrebbero innestare investimenti per circa cento milioni di euro ciascuna; i posti di lavoro che si potrebbero formare con l’inizio dei cantieri delle opere pubbliche già stanziate arriverebbero a 380 mila.